La famiglia dei trebbiani, di cui fa parte anche il romagnolo, è sicuramente in Italia quella più importante da un punto di vista quantitativo visto che tale vitigno lo troviamo sostanzialmente da nord a sud dello stivale. Il motivo di questa larga diffusione è dovuto sicuramente al fatto che questo vitigno si adatta senza problemi alle diverse condizioni climatiche producendo sempre tanta uva. Non è un caso, perciò, che il vitigno, da solo o in uvaggio, sia uno degli attori principali del disciplinare di produzione di decine e decine di vini DOC e DOCG che, in linea generale, prevedono al loro interno la presenza di queste quattro tipologie:

Trebbiano di Soave, originario della provincia di Verona, Mantova e Brescia e chiamato localmente Garganega o Turbiana;
Trebbiano d’Abruzzo: coltivato quasi esclusivamente in Abruzzo (nella zona di Loreto Aprutino trova il suo terroir di eccellenza) e in altri limitati areali dell’Italia centrale;
Trebbiano Giallo: originario dei Castelli Romani e facente parte dell’uvaggio del Frascati;
Trebbiano Toscano: il più diffuso e il più produttivo a livello nazionale;
Trebbiano Romagnolo: coltivato in maniera preponderante nella provincia di Ravenna. In provincia Nella zona di Lugo, in particolare, è conosciuto con il nome di Trebbiano della Fiamma, in quanto l’uva quando giunge a piena maturazione, assume un bel colore giallo dorato carico e lucente.

Dal punto di vista storico il trebbiano sembra essere stato introdotto dagli etruschi e il suo nome potrebbe derivare da “Trebula“, ossia fattoria (Plinio il Vecchio ricordò un “Vinum trebulanum” prodotto “in agro Trebulanis” presso Capua, in Campania, che secondo questa interpretazione, starebbe per “vino di paese“, o “vino casareccio“) anche se più di qualche studioso lo farebbe discendere da Trebbia, un affluente del fiume Po sulle cui sponde era coltivata un’uva preziosa.

Introdotto quasi sicuramente in Romagna dagli antichi romani (era noto infatti a quei tempi come “il vino dei legionari”), di trebbiano romagnolo si parla con certezza nel “Liber Ruralium Commodarum” (1305) del bolognese Pier de’ Crescenzi che scrive: “…ed è un’altra maniera d’uve, la quale trabbiana è detta, ed è bianca col granello ritondo, piccolo et molti hacini avente: nella gioventù è sterile et procedendo in tempo diventa feconda, facente nobile vino et bene serbatojo et questa maniera per tutta la Marca spetialmente si commenda…”.

Oggi, il trebbiano romagnolo è il vitigno più diffuso dell’Emilia Romagna con oltre 15.500 ettari, ovvero il 28% del totale vitato anche se questo numero è in forte flessione rispetto agli anni 2000 dove erano stati censiti circa 20.000 ettari.

La sua importanza la si evince anche dal grande numero di DOC in cui è presente in uvaggio: Bosco Eliceo DOC – Colli di Faenza DOC – Colli di Imola DOC – Colli di Rimini DOC – Colli di Scandiano e di Canossa DOC – Colli Piacentini DOC – Colli Romagna Centrale DOC – Modena DOC – Reno DOC. Il Romagna DOC (ex Trebbiano di Romagna DOC), invece, può essere prodotto con trebbiano romagnolo al 100% o in uvaggio.

Grazie anche alla sua capacità di resistere ai parassiti e alla sua esuberanza, il Trebbiano Romagnolo storicamente è sempre stato prodotto in grande quantità dai vignaioli del territorio che spesso lo hanno usato anche come base spumante o, subito dopo la seconda guerra mondiale, per la produzione di vermouth o brandy. Questo ha significato che il vino prodotto, non dotato di particolare complessità, è da sempre ritenuto adatto ad un consumo quotidiano, una sorta di pane liquido che spesso e volentieri aiutavi i contadini romagnoli nelle loro fatiche nei campi.

La domanda che ci poniamo, per futuro, è la seguente: può il Trebbiano Romagnolo diventare un grande vino invertendo la tendenza? La risposta è certamente positiva sia perché ci sono altri trebbiani in Italia, come quello di Abruzzo, che danno vita a grandissimi vini (vedi il Trebbiano di Abruzzo di Valentini) sia perché gli stessi vignaioli, soprattutto le giovani leve, stanno abbandonando la vecchia pergola romagnola, altamente produttiva, per dedicarsi a forme di allevamento in grado di ridurre drasticamente le rese per ettaro fornendo migliori caratteristiche qualitative al vino. La strada è tracciata, non resta che attendere il successo…

Scritto da Andrea Petrini sommelier e degustatore ufficiale AIS.

Il trebbiano romagnolo: una famiglia numerosa